Assessori-giurati, ce l’abbiamo fatta!

Era il 9 febbraio 2010 quando, con uno spericolato e tenace collega universitario cui sono infinitamente riconoscente, inoltrai una petizione alla Commissione della legislazione del Gran Consiglio. Chiedevamo il mantenimento degli assessori-giurati nella procedura penale ticinese. Lo scorso 15 dicembre, dopo quasi due anni, quattro passaggi parlamentari, una votazione costituzionale e una legislazione d’urgenza, il Gran Consiglio ha deciso in modo definitivo: il Ticino rimane il cantone svizzero che annovera la partecipazione vera del popolo nei processi penali utilizzando il nuovo codice di procedura federale.

La formula di compromesso trovata è questa: gli assessori-giurati interverranno in primo grado in tutti i processi in cui il procuratore chiede come pena 5 anni o più di detenzione. Tra i 2 e i 5 anni la loro presenza sarà facoltativa. Alle assise criminali 4 “persone comuni” (scelte a caso fra 90 che si saranno messe a disposizione) sentenzieranno assieme a 3 giudici professionisti. Anche in appello è previsto il loro intervento, i giurati a disposizione saranno però solo 60. Rispetto a prima il loro impegno cambia leggermente: non seguiranno infatti solo il processo in aula, ma dovranno anche leggersi gli atti prima del dibattimento.

Questa decisione storica dei nostri parlamentari ha seguito la volontà popolare espressa nel novembre 2010. Hanno riconosciuto anche loro la bontà dei giudici popolari, il cui scopo, vorrei qui ricordarlo, è plurimo: a. imporre al giudice la redazione di sentenze comprensibili, b. portare un’esperienza diversa della vita nell’aula giudiziaria, c. umanizzare il pensiero tecnico giuridico grazie a considerazioni profane, d. rendere la sentenza maggiormente accettata fra il pubblico e e. rendere i tribunali immuni da una politicizzazione esasperata del confronto sul diritto penale. Rischio quest’ultimo da evitare a tutti i costi, come la situazione italiana ci ha insegnato.

Tutto questo è una grande conquista anche in chiave federalista, contro il parere di un apparato a Berna in quest’occasione purtroppo lontano e chiuso; una rivincita dell’identità culturale ticinese su una tendenza unificatrice e decisionista evidentemente portata troppo in là. Sì, perché forse non tutti lo ricordano, ma l’ufficio federale di giustizia inizialmente aveva chiuso la porta al Ticino. Incurante del fatto che la nostra realtà giudiziale fosse già un unicum svizzero, voleva eliminare le nostre giurie popolari con un tratto di penna, ignorando cultura e Storia giuridiche particolari.

La politica ticinese non è però stata solo a guardare. La nostra petizione è stata inizialmente portata avanti da una minoranza di parlamentari (che poi è diventata una maggioranza schiacciante) e da un comitato di cittadini volenterosi, cui siamo ancora oggi veramente grati. Entrambi erano gruppi politicamente trasversali e lucidi, che han dimostrato come in Ticino la concordanza è comunque ancora possibile, quando sono il bene collettivo e il ruolo del popolo nella nostra società ad essere in discussione

Ma tutto l’iter assessori-giurati non è stato solo un valido esempio di caparbietà ticinese e di alto rispetto della volontà popolare. È stato pure un momento di bellissima considerazione per dei giovani che la politica la vivono in modo intenso solo fuori dal parlamento. L’attenzione che il mio collega ed io abbiamo trovato nei nostri rappresentanti in Gran Consiglio – lo ribadisco: di tutti i colori politici! – è stato il più grande regalo che la democrazia cantonale poteva darci. Una politica vicina alle esigenze ed alle preoccupazioni di tutti. Una politica al servizio di tutti. La strada è segnata, dobbiamo continuare a seguirla.

Filippo Contarini, giurista, università di Lucerna

Pubblicato sul Corriere del Ticino il 21.12.2011