Da Manchester, fra umanità e digitalizzazione
Allora, qui a Manchester ci hanno messo in lockdown da venerdì. A essere precisi, comunque, entriamo nel cosiddetto “tier 3”, very high risk. Per il “tier 2” il rischio dato dal Covid era solo high. Per il resto, è un po’ simile al “tier 2”.
In sostanza le misure del “tier 3” sono queste:
- pub e bar possono stare aperti solo dove servono dei pasti sostanziali. I ristoranti rimangono aperti.
- tutti i servizi chiudono alle 22
- non si possono incontrare nè amici nè famigliari in luoghi chiusi e nemmeno nei giardini privati, a meno che non siano della stessa casa o della stessa bubble (vedi sotto)
- in alcuni posti pubblici all’aperto ci si può incontrare, ma al massimo in 6. I posti sono in sostanza: parchi, spiagge, giardini pubblici, orti urbani, campi da sport esterni e campi da gioco esterni
- funerali: max 30 persone
- veglie e commemorazioni: massimo 15 persone (esatto, p.e. i matrimoni)
- evitare di lasciare il distretto di great Manchester
- non pernottare in un altro distretto
- le scuole rimangono aperte, così come si continua ad andare al lavoro. A scuola già da settembre ci mettiamo la mascherina anche durante la lezione.
A noi studentelli di lingua di grosso ci cambia che non possiamo più visitare la città con persone che non vivano nella nostra stessa residenza o nella nostra stessa host family, come non possiamo andare a visitare il resto dell’Inghilterra nel week end. Per contro, già quando eravamo nel “tier 2” ci chiedevano, quando entravamo in un ristorante, se eravamo tutti della stessa economia domestica.
Ora, invece di fare le oche e discutere di cosa si chiude e di cosa si tiene aperto, parliamo di cose serie. Qua tutti hanno subito pensato a una cosa: bisogna sostenere gli strati più poveri della popolazione e i senza tetto, visto che sta arrivando l’inverno. Il sindaco di Manchester aveva le lacrime agli occhi all’annuncio del “tier 3”. Si è lungamente opposto al lockdown per riuscire a ottenere più soldi possibili dal governo, che gliene ha dati nemmeno un terzo dei richiesti. Per capire che da queste parti l’umanità conta tantissimo, basta vedere le sue parole alla fine di questo video: https://youtu.be/j97-ce-o3Ms. “and please look out for each other“. Qua, a differenza di noi trogloditi in Svizzera, i politici pensano che in questo periodo difficile bisogna aiutarsi l’un l’altro. Non sono i soliti nostri proclami stantii e immobili del “ce la faremo”, come nemmeno la richiesta di non contribuire a far aumentare i numeri del contagio. Certo, anche questi annunci ci sono, ma la priorità è l’umanità, valore che spesso ci dimentichiamo.
Ed infatti, mentre noi in Svizzera ci concentravamo a coltivare meccanismi di profonda solitudine, qua costruivano le “support bubbles”, le bolle di supporto. Significa: siccome vivere il lockdown da soli è evidentemente una merda, una famiglia monoparentale o un adulto solo si possono “attaccare” a un’altra economia domestica creando così la “bubble” e valendo come un’unica famiglia sebbene in realtà siano due realtà domestiche distinte. È pensato p.e. per gli anziani, per le persone sole, per i genitori soli. Una mamma sola può fare una bubble coi suoi figli anche con una famiglia diversa da quella del padre dei suoi figli.
Tutta questa umanità ha qua comunque un contraltare fastidioso: c’è una digitalizzazione feroce. Ormai entri nei ristoranti solo se hai la app di tracciamento sul natel, ordini solo col natel e paghi solo con la carta. Eccezioni a questo approccio sono poche, si trovano soprattutto nei quartieri più multiculturali. In centro invece ormai senza carta di credito e smartphone non trovi molto. Ah: nemmeno il bus puoi pagarlo con la moneta.
In fin dei conti possiamo dire che qua le persone sono più umane che in Svizzera, senza ombra di dubbio, ma poi accettano anche più facilmente quello che gli viene imposto.
Comunque invio un abbraccio a tutti da questa città splendida, stay safe,
Filippo Contarini
Pubblicato il 26.10.2020 su ticinotoday.ch