Il delitto di Stabio e la forca dei “webeti”

Vorrei proporre una riflessione sulla giornata di ieri sul delitto di Stabio. In un momento di costernazione per tutti noi ticinesi, di apprensione per un paese e delle famiglie distrutti, in piena inchiesta, tio alle 9.58 tira fuori un articolo a titolo “Ecco chi è l’omicida di Rodero”.
La pagina, a dire dei contatori di tio, è stata visualizzata almeno 26’171 volte ed è ancora trovabile nella cache di google.com. La foto dell’uomo era oscurata, ma rimaneva parecchio riconoscibile.
L’articolo è stato poi rinominato, a sera volava verso i 110’000 e il nuovo titolo era “Ecco chi è l’uomo arrestato”. A memoria, leggendo i contatori di tio, siamo davanti ad uno degli articoli più letti in Ticino nel 2016.
Io penso si sia trattato si una svista dei redattori di tio, un errore in buona fede. Ma l’analisi non può fermarsi qua. La presunzione di innocenza dovrebbe essere centrale nella nostra società, ancor di più nel giornalismo, il nostro “cane da guardia”. La buona fede non basta, qua son saltati gli argini.
A me pare che siamo davanti ad un sintomo, come se gli anticorpi della nostra società civile stessero perdendo la loro battaglia. La foga dei clic fa sì che migliaia e migliaia di cittadini ticinesi siano “informati” ignorando le basi della nostra democrazia liberale. È vero, qua si tratta di un caso isolato. Ma dimenticarsi dello Stato di diritto succede su tantissimi siti ticinesi, quotidianamente.
Questo è un sintomo della stampa moderna, quella ipercliccata, bulimica, sensazionalistica. Io lo ho sperimentato sulla mia pelle: ho fatto un ricorso per la libertà di espressione sulla legge sulla dissimulazione del volto. Molti giornalisti mi hanno chiamato, anche dalla Germania, ma dopo 5 minuti mi buttavano giù il telefono, delusissimi: speravano tanto che parlassi loro di religione, di mussulmani, di burka, e invece gli parlavo diritti politici di persone atee. Che noia. A loro interessava solo lo scontro, il sensazionalismo identitario, i colpevoli. Non hanno pubblicato la notizia, non ero vendibile, non ero cliccabile.
I fatti? I diritti? La coerenza logica? A chi interessano ancora queste cose così noiose?
Il problema non è se l’uomo di Stabio abbia confessato o meno. E il problema non smette di esistere se oggi confesserà. Il problema è che sta saltando lo Stato di diritto. E penso che sbaglia chi dà la colpa al “leghismo”. Troppo semplice, troppo autoassolutorio: è una cosa ben più grossa, sociale, forcaiola, in cui sguazzano tutti. Dobbiamo allarmarci.
Penso che l’ingenuità (degli internauti) sia una della prime colpe nel mondo mediatico moderno. Mentana li chiama “webeti”. Ma c’è una complicità del mondo giornalistico, che usa quell’umana ingenuità. Ma chi ci difenderà allora dal mondo di domani, se il giornalismo non ci difende più?
Di una cosa sono abbastanza convinto: non leggeremo una lettera di scuse di tio ai suoi lettori per aver buttato a mare lo Stato di Diritto, seppur per errore. Ma ce lo si ricordi: magari l’uomo di Stabio è veramente un omicida, ma un processo ancora deve esserci, e quel processo è l’unico argine che c’è per tutti noi fra la realtà, la gogna e la forca. Che egli sia colpevole o meno.
Purtroppo invece delle scuse a tio basterà, come a tanti siti nel mondo web, cambiare il titolo dell’articolo. E sperare che la cache di google.com prima o poi si dimentichi quello vecchio.

Filippo Contarini

Pubblicato su Ticinotoday il 20 ottobre 2016