Il paradosso della libertà
Ho avuto il privilegio di poter partecipare al convegno del circolo Nuova Antologia di Lugano a tema “La cultura e la tutela della libertà nell’impegno politico”. Ecco qua cosa ho detto nel mio breve intervento (di cui trovate un resoconto e delle foto su TicinoLibero.ch)
Il giovane che si affaccia alla politica, lo sapete, è attirato dai grandi ideali. Quando si parla di libertà il giovane si emoziona, si eccita, si impegna. Il tema è grande, è luminoso, come un sole dell’avvenire. Difficilmente però si impone, perché gli manca quel sano senso pragmatico che è proprio di coloro che han visto le cose del mondo. Alla fine i grandi vecchi con la loro esperienza lo spiazzano, e quasi sempre sono loro a convincere la platea.
Da questo non si scappa e per me c’è un unico antidoto a questo predominio, ovvero lo studio profondo e costante della realtà. Teorizzare e osservare. E poi, infine, rimettersi in gioco.
Oggi il convegno parla della cultura e della tutela della libertà. Ne parlano politici e intellettuali, persone che insomma si può ben dire che han visto le cose del mondo. Io allora devo pormi in un’altra ottica, devo cercare di studiare. Oggi quindi la libertà la teorizzo e la osservo.
La definizione più semplice che ho trovato dice: “La libertà è fare ciò che ci piace.” Questo in linguaggio giuridico possiamo tradurlo così: “La libertà è l’assenza di regole”.
Bene. Anzi male: sappiamo infatti che sulla Terra non siamo soli, fare ciò che ci piace può provocare dei problemi non indifferenti a chi ci sta attorno. Questa definizione va quindi purtroppo completata e suona circa così: “la mia libertà finisce dove inizia la tua libertà”. Se così non fosse io sarei libero, ma chi mi sta attorno sarebbe mio schiavo. Niente libertà, insomma.
Traduciamo in linguaggio giuridico anche questa seconda definizione. Ecco la sinfonia: “Per evitare la schiavitù, e quindi per ottenere la libertà, l’unica via possibile è imporre delle regole”.
Che belle frasi, così piene di verità. Studiandole mi è però sorto un dubbio atroce. Mi sono lasciato andare ad un gioco matematico e ho provato ad unirle. Ne è uscito un canto strano, che strideva e diceva: “L’unico modo per vivere senza regole è avere delle regole.”
Un dannato paradosso.
I paradossi sono fastidiosi, svelano cose che non andrebbero dette. Fanno vedere realtà complesse, sempre un po’ più oscure e meno intuitive di come vengono solitamente proposte nel discorso pubblico.
I paradossi sono un gran seccatura, soprattutto per i politici. Mostrano l’illogicità dei loro discorsi aulici, rivelano l’assenza di una razionalità ultima. Rivelano la mancanza di un assoluto. Relativismo allo stato puro insomma.
Il politico viene smascherato, si rompe il silenzio ovattato che il ruolo gli garantisce. Improvvisamente la sua decisione non è più lineare, non si può più richiamare ai massimi sistemi. Non c’è più linearità a legittimare le sue decisioni. Alla fine, questa è la dura realtà che studio e osservo, al politico rimane solo la sua coscienza, è solo, decide per sé. Improvvisamente il politico è protagonista, non è più solo una bella immagine da mostrare in televisione.
Decidere fa male. Decidere è scegliere. Decidere è scontentare qualcuno. Decidere costa. Decidere comporta dei rischi.
Torniamo alla libertà e osserviamo i due protagonisti del nostro racconto, il libero e lo schiavo. Il libero fa ciò che gli pare, lo schiavo subisce le decisioni di chi è libero. Noi sappiamo che la politica fa tre cose: decide sulle persone, decide sui soldi, e decide sulle leggi. Tutte queste decisioni incidono sull’idea che ogni politico ha di libertà, ognuna di queste decisioni lavora sul paradosso, ognuna di queste decisioni crea una regola per rendere qualcuno meno oppresso dalle regole.
Permettetemi allora, come giovane che non ha ancora visto le cose del mondo, di chiedere a voi politici una cosa semplice. Prima di cantare cercate sempre di avere un’immagine davanti ai vostri occhi, ma piena di ideale. Dipingete un quadro con il pennello del pensiero. E disegnate in modo chiaro, in modo netto, chi sarà più libero e chi invece sarà più schiavo dopo che avrete preso le vostre decisioni.
F.C. 9.11.2013