L’inno svizzero obbligatorio a scuola, alcuni appunti

Anzitutto vorrei dire che io, che mi ritengo un senza-patria, so la traduzione della prima strofa del salmo del monaco zurighese, me l’hanno insegnato a scuola, agli scout, alle UBS arena. La trovo una canzone dal testo orribile, dal sound orecchiabile, ma tendenzialmente noiosa.

Fatto questo outing, vorrei porre brevemente l’attenzione su due cose: 1. l’iter parlamentare; 2. il contesto socio-storico (la questione religiosa la tratterò in un secondo momento)

1. La discussione che stiamo conducendo si basa su alcuni documenti (mozione, messaggio, rapporto 1; rapporto di maggioranza, rapporto di minoranza). Il tutto scaturito da una mozione di Brenno Martignoni (assieme ad altri due UDC) che voleva sancire nero su bianco nei regolamenti l’obbligo di insegnare l’inno svizzero. Le motivazioni addotte erano:
– pochissimi cittadini conoscono l’inno della nostra Nazione
– il “Quando bionda aurora” rappresenta un elemento di coesione nazionale
– l’inno di una nazione è elemento di orgoglio e tradizione da valorizzare.
La risposta del Consiglio di Stato è stata chiara: il Salmo svizzero già si insegna nelle scuole (e infatti a me l’hanno insegnato e continuano a insegnarlo, poi va detto che un testo religioso così complicato è facile dimenticarselo…). Alle elementari non era obbligatorio, ma solo consigliato, alle medie nessuna canzone è prescritta, ma ci sono docenti che lo insegnano. La mozione Brenno Martignoni (e altri 2) voleva metterlo obbligatorio anche al liceo, ma anche i sassi sanno  che al liceo non c’è musica se non opzionale.
Primo rapporto commissionale (dell’UDC Del Don): inutile sancire l’obbligatorietà, tanto non è praticabile. Però si auspica che venga inserito nei programmi delle medie.
Secondo rapporto, maggioranza: il rapporto rimane identico, ma il relatore diventa Lepori, Del Don fa il grande balzo in avanti e si sposta con la minoranza
Secondo rapporto, minoranza (Del Don): “l’educazione alla cittadinanza passa anche dall’insegnamento dell’inno svizzero”, “le nozioni civiche di base, fra le quali l’inno nazionale risulta sicuramente una parte importante.” “assieme a storia e geografia nazionali compone un insieme di elementi nazionali basilari da conoscere”, “una paura o una contrarierà ad insegnare l’inno nazionale, neghi un’ampia e oggettiva educazione alla cittadinanza, diritto degli allievi.” “accogliere la mozione al fine di introdurre effettivamente la trattazione dell’inno svizzero nelle scuole elementari e medie (! e il liceo dove è finito? ndr).”
Il parlamento ha infine approvato la mozione di Brenno Martignoni, purtroppo non ho i dati per sapere esattamente chi ha votato cosa.
La cosa strabiliante è non c’è un documento ufficiale uno che risponda ai quesiti posti dalla mozione, ovvero le tre affermazioni bestiali antropologiche proposte da Martignoni (e altri 2) che basterebbe leggere il libello di Marco Aime “Cultura” per capire quanta pochezza contengano. Per fortuna essere cittadino in sintonia con la popolazione che ha attorno non passa attraverso momenti formali come un inno, ma attraverso la solidarietà materiale che si sviluppa nelle relazioni sociali quotidiane.
D’altronde si sa che quasi tutti gli abitanti del Rwanda mentre ammazzavano 800’000 persone tutsi in 100 giorni cantanvano la loro canzone nazionale (più altre atroci) ascoltando radio mille collines… Viva la cittadinanza!
Chissà se un giorno il parlamento si renderà conto che esistono le facoltà di etnologia in giro per il mondo…

2. L’inno ufficiale è ufficiale perchè c’è una conferenza stampa in cui il governo sostenne che da allora in poi sarebbe stato ufficiale. Non ho però ancora trovato un documento pubblico che lo confermi (e se qualcuno lo trova me lo passi p.f. che faccio pubblica ammenda). Oltre alle facili informazioni desumibili da Wikipedia (l’inno storico usato in Svizzera era un altro, che fa parte del nostro bagaglio storico geografico nazionale ecc ecc, ma figurati se Martignoni se lo ricorda), possiamo scoprire naviagndo qua e là che “un sondaggio, effettuato nel 2000 dal settimanale della Coop tra la popolazione di lingua tedesca e francese, ha evidenziato che praticamente nessuno ne conosce il testo completo a memoria”.
Il banale approccio alla cittadinanza e allo Stato proposto da Martignoni pensa che quando tutta la società si comporta in modo diverso da quel che simbolicamente dovrebbe fare una buona cittadinanza, allora bisogna fare una leggina e cambiare la cittadinanza e conformarla a quell’idea di bontà. E non chiedersi, chiaramente, perchè alla cittadinanza svizzera (che non dimentichiamocelo tutto sommato sta abbastanza bene e non pare nè particolarmente criminale, nè particolarmente disgregata) non gliene frega una cippa di niente del salmo ottocentesco del monaco zurighese.
La cosa veramente strabiliante è che questo modo di fare miope di una parte della politica ticinese viene mantenuto dal parlamento. Il problema non è, vorrei ribadirlo, se l’inno nazionale è obbligatorio o no nei regolamenti scolastici (sarebbe interessante vedere Martignoni andare in giro in tutti gli istituti scolastici del cantone a vedere se i docenti lo insegnano veramente e quanto tempo ci dedicano: 10 minuti? 30 minuti? 6 ore? l’anno intero?), quanto piuttosto la pochezza dell’analisi causa-effetto delle evoluzioni sociali.
Il risultato è un grande sforzo di simbologia, utile solo perchè oggi il parlamento si è “contato”. Chi con me, chi contro di me. il problema non era la cittadinanza, nè era la coesione nazionale. Insomma il problema non era quello esplicito sollevato dalla mozione, ma quello implicito, il problema era di posizionamento politico, chi sta con l’identitarismo ottocentesco contro chi accetta l’evoluzione globalizzatrice. Sono votazioni crate ad arte per obbligare a vedere quali sono le maggioranze parlamentari, par capire come spostarsi quando i temi sulla padella avranno sul serio delle ricadute sociali misurabili.

Esercizi di stile alla Quenau, roba banale, che fa usare ore e ore di tempo, i nostri soldi, i nervi dei parlamentari, i nervi dei giornalisti. Ma questa è la politica, vedrete che quando ci sarà da dare 66 miliardi all’UBS il governo decidera in venti minuti all’una di notte, in silenzio, con un’ordinanza urgente non referendabile. E tante grazie alla simbologia parlamentare. Ah, ops, è già successo…

F.C. 6.5.2013