I tre poteri e le regole di incompatibilità
È da metà Settecento che il discorso politico generale tende a banalizzare il potere che gestisce gli affari pubblici. Dal giorno in cui Montesquieu scrisse il famoso trattato sullo spirito delle leggi e parlò dei tre poteri, il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario. Al di là di tutto quello che può essere stato detto su questo scritto, oggi dovremmo fare molta attenzione a considerare ciò che scrisse allora come oro colato. E dobbiamo fare molta attenzione a pensare che basti la divisione di questi poteri per avere una gestione della cosa pubblica trasparente ed efficiente.
Avvicinandomi al mondo della politica e a quello universitario ho visto con i miei occhi cosa sia la cosiddetta «microfisica del potere» (studiata da Foucault). Ovvero quel meccanismo umano e non sufficientemente considerato su cosa succede alle persone quando devono prendere una decisione.
Ebbene, più che le idee e le proposte, conta l’autorità – scientifica, morale, religiosa, economica, politica – che chi parla riesce ad esprimere. Mi spiego: se in un gruppo di persone bisogna votare per prendere un’importante decisione, può essere determinante per orientare i voti di tutta la sala ciò che dice una sola persona, indipendentemente dal suo ruolo ufficiale, se è considerata veramente autorevole. Gli altri possono parlare per ore, ma se quella persona dice anche solo due parole non c’è niente da fare, il gruppo la segue.
Chiamatelo rispetto conquistato negli anni di chi ha un’importante storia alle sue spalle, chiamatela capacità retorica, l’importante è non dimenticarselo quando si parla di politica e di discorso pubblico.
Allo stesso modo il discorso sulla gestione del potere di Montesquieu andrebbe fortemente relativizzato guardando nell’attualità come vengono prese alcune decisioni politiche veramente fondamentali per la Svizzera. Prendiamo il caso UBS: con due azioni notturne l’esecutivo (Consiglio federale, FINMA e Banca nazionale) ha scardinato la struttura giuridica svizzera e ha da una parte trasmesso i dati bancari (di centinaia di truffatori, riconosciamolo) senza avere una legge che glielo concedesse e ha versato 68 miliardi alla banca (di cui 7 rientrati) alla faccia dei pacchetti di risparmio sugli invalidi, sulle casse pensioni e sui giovani disoccupati. Era un momento di crisi, mi si dirà. Vorrei però far notare che Merz, allora consigliere federale, era strettamente legato a UBS, così come i consiglieri di FINMA e della Banca nazionale. Inoltre a UBS non sono stati messi nuovi paletti giuridici e nessuno capisce perchè (a meno che non pensi male).
Anche nel legislativo la situazione non cambia. Ad esempio l’iniziativa Minder e la questione too big to fail, oltraggiosamente bloccate dalle Camere federali aspettando che passi (passerà?) la buriana, oppure l’acquisto di aeroplani per l’esercito, occasione ghiotta per una miriade di industriali ben rappresentati in parlamento.
Cosa voglio dire con tutto ciò? Voglio dire che il potere non è tripartito (legislativo, esecutivo, giudiziario), ma è molto più ramificato e sfaccettato rispetto alla semplicità che ci viene proposta. In particolare la circolazione di informazioni ai piani alti dell’azione economica (consigli di amministrazione, gruppi di azionisti, service-clubs, logge massoniche) contribuisce alla gestione del potere, così come all’orientamento delle decisioni politiche nazionali.
Ora, guardiamo su internet (www.parlament. ch, sito ufficiale dell’Assemblea federale), dove per fortuna vige il principio della trasparenza, e lasciamoci stupire. I partiti borghesi (liberali in testa, seguiti da democristiani e democentristi) sono all’interno delle organizzazioni economiche cardine della Svizzera. Casse malati, banche, assicurazioni, industrie multinazionali, fondi multimilionari, fondazioni. La domanda è semplice: possono questi parlamentari decidere in autonomia e nell’interesse della popolazione svizzera, senza dover rispondere al potere economico? Senza rischiare di perdere il posto – e tutti i vantaggi a questo connessi? La risposta è ancora più semplice: no.
Il sistema deve cambiare e per farlo dobbiamo inserire delle regole di incompatibilità, bisogna rendere la gestione e la separazione del potere veramente fattuale e non di facciata.
Filippo Contarini
candidato per il PS al Consiglio Nazionale
pubblicato sul CdT il 16.9.2011