Criminologia, o quello che non vorreste sentire

La scienza può disilludere su questioni che diamo per assodate

Penso sia assodata l’opinione che l’essere umano si sente meglio se può dare la colpa a qualcuno. La colpa di cosa? Di tutto, basta che l’altro abbia una colpa. Prendiamo ad esempio la criminalità degli stranieri e la colpa che viene posta sulle loro spalle. Ma è giustificato farlo?

Premettiamo subito una considerazione: psichiatri, sociologi, criminologi lo hanno sempre sostenuto, la criminalità in realtà non è solamente negativa. È un fatto naturale non evitabile, che permette anche alla società di identificarsi. Se in quantità eccessive diventa l’espressione di una società malata, ma per arrivare a questo punto ci vuole un’altissima concentrazione di fenomeni criminali. Senza aver bene in mente questa considerazione, pensando invece che la criminalità sia qualcosa di azzerabile, in politica si sarà sempre e solo demagogici. Oppure si fa come nei regimi dittatoriali: il regime nasconde (e uccide) coloro che vengono ritenuti criminali e nasconde ai media i numeri reali sulla quantità di delitti commessi. Ma in questo caso bisogna poi chiedersi se la società non sia comunque, sotto altri aspetti, malata.

I criminologi ci spiegano che per parlare di politica sulla criminalità bisogna osservare i dati statistici con occhio molto critico. Ci sono tre tipi di dati disponibili: i datisull’attività di polizia, i dati sulle condanne effettive e i sondaggi alle vittime di reati. Questi ultimi sono i più affidabili, ma sono molto costosi, quindi la politica tende a non dare i fondi per farli. Accanto a questo c’è la lettura “pulita” delle statistiche, ovvero si cerca di contestualizzare i numeri per capire se le cifre assolute corrispondano alle eventuali cifre relative. E così si scoprono realtà che non corrispondono a quelle che i media oggi ci comunicano. Prendiamo tre esempi.

Primo esempio: se l’autorità politica spinge la polizia a incentrare la sua azione repressiva (il numero di poliziotti è limitato e i fondi pure, bisogna decidere le priorità!) nei confronti di giovani stranieri, controllando in particolar modo la sera, si avrà molto probabilmente nelle statistiche dell’attività di polizia una quota molto alta di reati commessi da giovani, stranieri, di sera. Se invece la polizia si mette a cercare per benino le frodi fiscali, si noterà stranamente un aumento di reati fiscali. La politica può, quindi, avere influsso sulle statistiche sulla criminalità, imponendo quindi a tutti una determinata lettura sociale.

In seconda battuta possiamo parlare dei dati sui criminali condannati e finiti in prigione. La stragrande maggioranza dei carcerati è straniera. Ora contestualizziamo il dato assoluto e relativizziamolo: gli autoctoni ad un certo punto della loro pena possono uscire dal carcere, gli stranieri no (rischio di fuga all’estero ecc.). È quindi serio prendere questa statistica per affermare della pericolosità degli stranieri?

Ultimo esempio: vorrei indicare una lettura statistica alternativa a quella del Grande Pensiero Unico. È vero: percentualmente i criminali stranieri rispetto al 100% degli stranieri sono più dei criminali svizzeri rispetto al 100% degli svizzeri. Pulendo la statistica e considerando, però, che la popolazione straniera in Svizzera è notevolmente più giovane rispetto a quella svizzera, ma non è giovanissima, si scopre che la differenza percentuale è minima.

Torniamo quindi alla domanda iniziale: è giustificato dare tutte queste colpe agli stranieri? Una differenza percentuale minima nel tasso di criminalità è infatti una “colpa” troppo ridotta considerando il ruolo che gli stranieri coprono da noi. Gli stranieri tendono infatti ad accettare lavori socialmente meno considerati rispetto alla popolazione svizzera. In secondo luogo gli stranieri non sono scolarizzati in Svizzera. Questo fa si che conoscano meno le nostre abitudini, ma anche che, dettaglio non indifferente, non costino allo Stato durante tutto il periodo formativo. Anzi, contribuiscono (con le assicurazioni sociali) più che costare. Per questo dico che una percentuale di criminalità straniera leggermente superiore rispetto a quella svizzera è giustificabile e sostenibile. E che le urla populiste “al lupo, al lupo”, mai propositive, ma solo allarmiste fanno solo del male all’integrazione sociale.