Farò ricorso alla “legge anti burqa”, …probabilmente
Lei ritiene che la legge approvata dal parlamento cantonale sulla dissimulazione del volto sia in contrasto con la normativa federale e la Costituzione? Pensa che se facesse ricorso lo vincerebbe?
Non sono sicuro di vincere, c’è di mezzo una garanzia federale da parte del Parlamento svizzero. A dire la verità però se la si legge bene è una garanzia che non è definitiva. Cito le parole esatte: “ci può essere un’interpretazione non contraddittoria del diritto federale”. Chiaramente l’interpretazione al contrario dice che ci può essere un’interpretazione contraria al diritto federale. Ci sono spazi quindi per far si che il Tribunale federale faccia un’interpretazione conforme alla costituzione dicendo che in realtà, nonostante la garanzia federale, la legge è comunque anticostituzionale.
Visto che questa legge deriva da un’iniziativa popolare votata ad ampia maggioranza dal popolo, non ritiene che in caso di un’ipotetica vittoria del ricorso lei andrebbe contro la volontà popolare?
A questa domanda rispondo in due modi e penso che bisogna sottolinearli tutti e due. Il primo è che ad esempio il popolo ha votato l’amnistia fiscale in Ticino e questa amnistia fiscale era anticostituzionale e quindi il Tribunale federale ha cassato questa decisione e non ci sono state rivolte popolari particolari.
La seconda cosa che va affermata e ricordata è che recentemente il Parlamento federale ha ribadito che la questione della legislazione sulla copertura del volto è materia cantonale. Noi siamo in uno stato federale, il che significa che i cantoni quando fanno leggi devono attenersi alla Costituzione federale, cioè, anche se il popolo vuole andare contro la Costituzione non può farlo. Questo significa per esempio che se noi domani in Ticino vietiamo a tutti i biondi di stare sul suolo pubblico, comunque è anticostituzionale, anche se il popolo ticinese voleva così. Se il Ticino non vuole più stare alle condizioni della Costituzione federale svizzera faccia la secessione, ma non penso sia il caso.
Dopo anche gli ultimi fatti di Parigi del 13 novembre scorso, non ritiene che l’opinione pubblica, sconvolta emotivamente, non comprenda quelle che sono le sentenze, in alcuni Paesi emesse dalle Corti costituzionali, e in Svizzera dal Tribunale federale?
Cominciamo con il dire una cosa. Non tutti i tribunali costituzionali europei hanno dato approvazione alle leggi sulla dissimulazione del volto. Secondariamente, io non faccio un ricorso a favore del burqa, a me non interessa il burqa. Io voglio fare un ricorso perché a causa della volontà di emanare una legge contro il burqa, e non avendo il coraggio di fare una legge contro il burqa, hanno fatto una legge contro la libertà di tutti noi. Ovvero hanno fatto una legge che non permette di esprimere il dissenso pubblicamente in forma anonima, cosa che invece non è vietata in nessun Cantone, a meno che non si tratti di manifestazioni grandi.
Non solo, nel suo messaggio per garantire la nuova norma ticinese il Consiglio federale ha detto chiaramente che nel 21esimo secolo l’obbiettivo dell’esecutivo è abolire tutte le norme sulla dissimulazione del volto. La svizzera ha già delle norme sulla dissimulazione del volto, fatte a causa dei moti studenteschi degli anni ’80, non volendo che i violenti dissimulassero il volto. Quelle norme sono rimaste completamente inapplicate. Perché, purtroppo o per fortuna, nella società ci sono varie espressioni di copertura del volto, può essere per motivi di salute, ma può anche essere semplicemente per manifestare politicamente un’opinione, come ad esempio fare una manifestazione anti-atomica e mettersi una tuta bianca con delle mascherine sopra gli occhi. Questo sarebbe vietato con questa nuova norma. Questo è profondamente anti-liberale e non riguarda il burqa.
In merito a questa contrapposizione fra volontà popolare e Costituzione lei ritiene si stia andando in una direzione in cui la volontà popolare diventa superiore a tutte le norme giuridiche? È un evoluzione positiva?
Non si può comparare la volontà popolare a livello cantonale con quella a livello federale. A livello federale la volontà popolare è sempre sopra la costituzione, c’è un articolo che lo dice, il 190, a meno che non si tratti di diritti umani, ma sono casi molto particolari. La volontà popolare a livello cantonale è sempre sotto la Costituzione ed è giusto che sia così. Quindi non c’è un problema, non c’è un dubbio e neanche un dibattito da aprire.
Sarebbe molto diverso se si votasse a livello federale, ma a livello federale non si vota perché il parlamento federale ha bocciato un’iniziativa parlamentare sulla dissimulazione del volto. Faccio anche notare che il tribunale costituzionale di Basilea Città ha bocciato un’iniziativa popolare sulla dissimulazione del volto dicendo che è incostituzionale. In sintesi, quando i tribunali svizzeri si sono espressi si sono espressi sempre negativamente, è solo la politica che vuole questa regola.
Dunque lei è ottimista sul possibile esito del ricorso?
Penso che ci siano margini per vincere, anche se non sono sicuro della vittoria. Penso che sia importante provarci. Sono perfettamente consapevole che dipende anche dalla composizione del tribunale. Di sicuro dico una cosa: chi ha fatto questa nuova legge, in particolare i parlamentari liberali, che si sono dimenticati il significato della parola liberale nella loro storia, si sono basati su una decisione della Corte europea dei diritti del uomo (CEDU) che dice che in Francia la legge sulla dissimulazione del volto è lecita e molto probabilmente la garanzia federale è stata data basandosi proprio su questa decisione della CEDU.
Il fatto è che la CEDU dice che ogni stato ha la libertà di impostare i diritti del uomo come vuole in questo ambito, nel senso che se uno Stato non vuole che i suoi diritti umani permettano una norma così dura come quella ticinese è legittimo farlo. La Francia ha voluto una norma così, il Tribunale costituzionale francese ha voluto una norma così. Il Tribunale federale, che sulle leggi cantonali funziona come un tribunale costituzionale, secondo me, volendo, potrebbe vedere che la norma ticinese è una norma liberticida, non tanto per i mussulmani, quanto per la libera espressione del dissenso politico.
Due settimane fa è stata approvata questa norma in Gran Consiglio. La relatrice era un esponente liberale e la legge ha trovato consenso in tutto il suo partito e nessuna opposizione a sinistra. Come spiega questo politicamente?
Politicamente c’è una volontà popolare ticinese chiara, dettata dalla paura, anti-islamica, contro il burka. Questo si può vedere su tutti i media. Di fronte a questa pressione è stata creata una “legge velata”, hanno messo il burka alla legge, poiché la legge in realtà non nomina mai la parola “burqa” e quindi l’obiettivo vero è nascosto.
La legge vieta di coprirsi il volto a tutti e poi crea delle eccezioni, che non sono però tutte le eccezioni, perché non si può elencarle tutte, non esiste al mondo una macchina che potrebbe farlo, ma si parla genericamente di salute e di manifestazioni carnascialesche. Il Parlamento non ha avuto la forza di “togliere il burka” alla legge e quindi ha accettato di chinarsi ad un inganno, chiaro ed evidente per tutti, in cui per gestire la paura sociale di non vedere nessuna donna con il burka in Ticino a parte le turiste (quindi paure completamente astratte) si è deciso di sacrificare la nostra libertà.
Io di fronte a questa irrazionalità non ho paura, perché in una democrazia e in uno Stato di diritto devono prevalere la razionalità, la proporzionalità e le giustificazioni conformi alla libertà nei riguardi della possibilità di fare opposizione politica. Ricordiamoci che con questa legge non si potrà più andare con un cartello e una maschera di un ministro e dire “Governo ladro”.
Il ricorso al Tribunale federale serve a colmare una debolezza della politica, in particolare del fatto che non c’è stata opposizione a questa legge, vista anche la forte pressione dell’opinione pubblica?
A sinistra l’opposizione a questa legge l’abbiamo fatta al momento di votare per la norma costituzionale. Abbiamo perso, ma per fortuna siamo in una confederazione e i chiari di luna della popolazione cantonale non possono andare contro la nostra carta della convivenza civile. Ogni tanto succede: è successo con l’amnistia fiscale, è successo in mille altre occasioni, il popolo ha ogni tanto questi chiari di luna. Di sicuro c’è una debolezza politica anche a livello federale perché purtroppo è stata data la garanzia alla norma cantonale, con un escamotage di parole, e qui forse la debolezza della politica è la più evidente.
In realtà però, a vedere bene bene, questa debolezza potrebbe essere una strategia politica che vuole far vincere la paura e la mediatizzazione dello scandalo, di fronte a una non-necessità di multare donne con il burqa perché non ci sono, a parte le turiste ricche. Quindi il problema non c’è. C’è però la paura e questa è una strategia evidentemente borghese di gestione politica, e ci ritroviamo nel 21esimo secolo a dover ricorrere ai tribunali e alle costituzioni per far si che non ci siano dei reazionari che mettano sotto stress la nostra convivenza civile e il nostro Stato di diritto.
Riflettendo, quindi, non di debolezza politica si tratta, ma di strategia politica a cui io mi oppongo con gli strumenti che abbiamo, ovvero lo Stato di diritto. È evidente che al momento in cui lo Stato di diritto cade bisogna passare all’opposizione più chiara e totale, però si noti bene, la legge sulla dissimulazione del volto è il primo passo per azzoppare quelli che un giorno vorranno fare un opposizione chiara e totale. Ricordiamoci che nella Costituzione tedesca c’è il diritto alla resistenza, noi non lo conosciamo perché la Svizzera non ha mai avuto dittature. Negli Stati che hanno avuto dittature è previsto il diritto alla resistenza e sicuramente questa norma sulla dissimulazione del volto è il primo attentato al diritto alla resistenza.
Per questa battaglia al tribunale federale ha trovato sostegni presso giuristi, presso gioviani o altri interlocutori politici?
Bisogna ancora vedere se ci sono i margini per riuscire ad arrivare al Tribunale federale, perché è molto difficile, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista giuridico. Chiaramente sto cercando di far passare il messaggio che non sto facendo un’iniziativa a favore del burqa, ma un ricorso a favore della libertà di espressione politica. E lentamente le persone si stanno interessando.
Chiaramente hanno tutti molta paura di esporsi in un momento mediaticamente molto teso sulla questione dei mussulmani. Sono però convinto che bisogna spiegare in modo chiaro che non è vietando la copertura del volto a tutti (in particolare agli oppositori politici) che si risolve un problema inesistente di donne mussulmane che in Ticino non portano il burqa.
Intervista rilasciata a ticinotoday.ch il 8.12.2015