I frontalieri, Strahm e l’iniziativa UDC
Rudolf Strahm sulla Schweiz am Sonntag apre una questione importante a sinistra sulla libera circolazione. La domanda è semplice e ce la poniamo tutti, da anni ormai, anche io quando ero candidato al Consiglio nazionale la posi: non è che i nostri lavoratori ci stanno rimettendo?
Partiamo da una prima distinzione, importantissima: una cosa è la Svizzera centrale, un’altra cosa sono il Ticino e Ginevra. L’altipiano ha al suo nord la Germania, che non sta vivendo un incremento violento della disoccupazione. La Francia invece è più sotto pressione (i salari inoltre sono abbastanza bassi), mentre l’Italia sta subendo dei problemi economici enormi. Ogni discussione su delle riforme sulla libera circolazione parte da qua: la Svizzera in realtà sono tante Svizzere e ognuno ha un modo diverso di vedere i problemi.
Solo una parte dei problemi che conosce l’altipiano sono legati all’immigrazione: c’è un discreto aumento di popolazione che mette a dura prova treni, strade, autostrade, affitti, integrazione. In parte anche i salari, ma quello è soprattutto un problema legato all’avanzata ancora attualissima del liberismo, che preme sui diritti dei lavoratori per spremere più profitto possibile. La libera circolazione in Svizzera interna permette l’arrivo di stranieri sopratutto a basse pretese salariali che si insediano, sono residenti che cercano lavoro. Chiaramente chiedono compensi bassi, ma vivendo in Svizzera le spese che affrontano sono comunque alte. Dal punto di vista lavorativo la pressione si verifica soprattutto sui giovani, ovvero su quegli svizzeri che hanno altrettanto basse pretese salariali.
Diverso è per Ginevra e il Ticino. L’immigrazione in queste due zone di frontiera non è composta da stranieri a basso salario, ma piuttosto da gente qualificata che “fugge” dai paesi in crisi. La migrazione della manodopera a basso reddito è invece ridotta, perché ci sono già i frontalieri a creare concorrenza con i residenti. Insomma gli stranieri che guadagnano poco nelle zone di frontiera francofone e ticinesi ci sono, ma non abitano in Svizzera, abitano nel loro paese d’origine. È chiara la difficoltà per i lavoratori residenti: siccome vivere in Francia o in Italia è meno caro, le pretese salariali sono più basse e si verifica il famoso fenomeno di dumping.
La presenza di lavoratori frontalieri è letteralmente esplosa negli ultimi tre anni. Il motivo lo sappiamo: il franco ha aumentato il suo valore del 30%, questo vuol dire che il potere d’acquisto dei frontalieri è aumentato di un terzo. Se con il cambio a 1,68 fare il frontaliere non era particolarmente conveniente, con il cambio a 1,20 anche con salari bassi nelle zone di frontiera si vive dignitosamente. Il regime della libera circolazione ha fatto da volano e l’aumento è stato rapido e marcato, molto più che se ci fossero stati dei contingenti. Come d’altronde è stato marcato l’arrivo di aziende straniere. Ci si lamentava della delocalizzazione, e invece il Ticino vive l’esatto contrario. Solo che queste aziende non pagano grandi salari, anzi fanno proprio pressione sulla differenza tra Svizzera e Italia. Ma attenzione, la nostra storia economica ce lo insegna, anche con i contingenti la presenza di frontalieri non è mai stata veramente frenata. Era solo più complesso avere i permessi, che però alla fine arrivavano. Anche perchè, ricordiamocelo, i grandi datori di lavoro sono sempre stati i liberali e leghisti, che parlano e parlano, ma poi poco fanno.
Ora si andrà a votare l’iniziativa “contro l’immigrazione di massa”. Concretamente l’iniziativa chiede di abolire la libera circolazione e mettere contingenti sugli stranieri che lavorano in Svizzera, residenti o frontalieri. Questo, giuridicamente, potrebbe comportare la caduta di tutti i trattati bilaterali (clausola ghigliottina) e quindi metterebbe a rischio tutta la nostra industria di esportazione. Sappiamo che la nostra industria lavora in settori di punta, che grazie a prezzi poco felssibili e la riduzione del prezzo dell materie prime è riuscita a sopravvivere al rincaro del franco. Con l’abbandono dei bilaterali ci sarebbe però ben poco da fare: con un franco così la catastrofe economica rischia di essere dietro l’angolo. Una prospettiva non molto piacevole, considerando che siamo il popolo più indebitato del mondo a livello di economie private. Non è un caso che questi accordi bilaterali li abbia voluti anche l’UDC dopo un decennio (gli anni ’90) di stagnazione economica causati dall’autoesclusione dallo spazio economico europeo.
Come dicevo sopra, è di oggi la notizia che Rudolf Strahm, politico socialista che stimo, abbia deciso di mettere una grave ipoteca sulla libera circolazione, appoggiando l’iniziativa contro l’immigrazione di massa. Una voce importante la sua, che cozza invece contro la voce della sua “compagna” politica del manifesto di Gurten, la ministra Simonetta Sommaruga, che si dice invece sulla SonntagsZeitung fermamente contraria all’iniziativa. La loro ottica è quella dell’altipiano, non quella ticinese.
Perché Strahm si schiera con l’UDC? Lo fa con un’ottica di centro, da moderato come è sempre stato? Sì e no. Strahm sostiene che la politica svizzera con questi accordi bilaterali ha voluto “la botte piena e la moglie ubriaca” (un brutto modo di dire sessista, ma molto in voga nella parlata comune), cioè ha voluto la libera circolazione per garantire l’accesso all’Europa alla nostra economia, senza però garantire i diritti ai lavoratori. Nel contempo è critico sulla libera circolazione stessa, siccome non vede la bontà dell’immigrazione di persone non formate. Persone che chiaramente qua sono ben sfruttate e che (ma questo Strahm non lo ricorda) sono l’unico modo che ha la Svizzera di evitare l’invecchiamento della popolazione con un minimo di ricambio generazionale.
Come dicevo sopra, la situazione della Svizzera con l’avvento della libera circolazione è nota a tutti: è stata un’opportunità di grande crescita. Un’opportunità anche in Ticino, che nonostante la perdita di migliaia e migliaia di posti di lavoro nel settore bancario (a causa del blocco mondiale del credito e degli scudi fiscali italiani) è riuscito tutto sommato a tenere basso il tasso di disoccupazione. Tutti sappiamo però anche che gli imprenditori e il padronato in generale stanno approfittando alla grande di questa situazione e gli istituti sociali cominciano a sentire il peso della concorrenza fra lavoratori. Diciamolo: la politica borghese in fondo, nonostante i tanti annunci, non ha nessun interesse a tutelare i lavoratori.
Strahm fa ora un discorso da “politica di ostruzionismo”, ha deciso di mettersi in linea con le correnti rigide. Il suo concetto è: “voi non ci avete dato le tutele che vi chiedevamo, allora politicamente i vostri progetti d’ora in poi non passano più, se necessario anche accettando le idee dell’UDC”. Il risultato di una posizione di questo tipo “a sinistra” è ben nota perché le correnti più rigide hanno sempre cercato di opporsi a qualsiasi compromesso con i partiti borghesi. È strano e rilevante che sia proprio Strahm, un socialliberale, a fare questo discorso e per questo va ascoltato con attenzione. Non è uno stupido ed è un ferrato economista, di quelli pratici, che guardano i dati concreti senza fare voli pindarici su struttura e sovrastruttura. Eppure stavolta si rende consapevolmente e implicitamente disposto a mettere in discussione la nostra economia produttiva.
È chiaro, Strahm nega questa mia conclusione. Si difende da questa accusa dicendo: “in fondo l’Europa non ha interesse a disdire gli accordi bilaterali anche se non rispettiamo la libera circolazione”. Io ho potuto ascoltare e dialogare alcune volte con l’ex ambasciatore europeo in Svizzera e la sua posizione era però diametralmente opposta (“i bilaterali sono un compromesso troppo fragile e andrebbero oltrepassati: o entrate in Europa, o eliminiamo gli accordi”). D’altronde questo articolo della NZZ dice esattamente quello che sto dicendo io. Insomma all’Europa una Svizzera senza libera circolazione non sta bene. Piaccia o non piaccia, risulta allora un po’ complicato dire con cuor leggero che dovremmo abbandonare i bilaterali, visto che la nostra economia dipende dai commerci con l’Europa… Questo è il prezzo da pagare quando si è il Paese al centro dell’Europa: non siamo l’Islanda. Da un lato non muoverci indipendentemente dagli altri, dall’altro gli altri fanno commerci con noi, arricchendoci (e portandoci i loro soldi).
Ogni cittadino accorto lo sa: per tutelare i lavoratori è necessario rendere operative le misure di accompagnamento ai bilaterali. In Svizzera tedesca parliamo di strumenti per tenere basse le pigioni, garantire i salari ed evitare di avere un urbanismo fuori controllo. Parlano anche di pressione salariale nei settori non coperti da contratto collettivo. È però una pressione tutto sommato leggera.
In Ticino e a Ginevra invece la pressione salariale è notevole, perlomeno chi si ritrova a dover cercare lavoro. L’urgenza immediata è inserire contratti collettivi e normali di lavoro che prevedano salari minimi decenti, aumentare i controlli sul lavoro per evitare lo sfruttamento e i falsi indipendenti (padroncini) e fare di tutto per combattere l’aumento del traffico stradale causato dai frontalieri. Il governo ha una maggioranza liberale-leghista. È ovvio che sarà dura ottenere queste semplici misure a tutela dei lavoratori, ma dobbiamo batterci per riuscirci!
Il problema dei frontalieri da noi in fondo lo conosciamo: chi dà lavoro (padroni, privati, talvolta anche lo Stato) cerca automaticamente chi costa meno. Senza una tutela salariale e sindacale i lavoratori residenti sono altrettanto automaticamente svantaggiati, devono accontentarsi di salari che non permettono di vivere in tranquillità.
Il modo di affrontare i problemi che ha deciso di imboccare Rudolf Strahm è politicamente comprensibile. Ma e un modo che non condivido. Non penso che il blocco della politica e della nostra economia sia la soluzione migliore per risolvere i problemi dei cittadini.
Lui sostiene che il governo deve finalmente “prendere una legnata sui denti”, votando con l’UDC all’iniziativa contro l’immigrazione di massa secondo lui il Consiglio federale attiverebbe finalmente le misure di accompagnamento. Speranze vane, lo sappiamo. È fuori, nel mondo del lavoro, che le cose devono cominciare a muoversi, anche con qualche sciopero se necessario.
Io penso che i lavoratori e le lavoratrici dovrebbero unirsi per pretendere la realizzazione dei loro diritti sindacali. Perché i sindacati del settore terziario hanno così poca forza contrattuale? Perchè ci sono così pochi contratti collettivi? Perché gli strumenti del controllo del lavoro sono così limitati? Penso che dobbiamo lavorare sulla nostra collettività e sul nostro modo di essere lavoratori in Ticino, piuttosto che bloccare i rapporti che intratteniamo con l’Europa e che garantiscono (a prescindere!) che il lavoro ci sia.
Dove sta il busillis? Sta nel sapere che succede mettendo i contingenti sui lavoratori stranieri. Se il popolo accoglie l’iniziativa e dichiara quindi fuorilegge la libera circolazione, l’Europa ci blocca gli aeroporti e le dogane o no?
Io penso che se blocchiamo la libera circolazione l’Europa ci taglia tutti i bilaterali. Non lo dico per fare terrorismo, ma per pragmatismo. Non solo: l’Europa stanzia molti fondi a favore della nostra ricerca scientifica, collabora a un sistema di polizia internazionale, ecc ecc. Di strumenti di pressione sulla Svizzera ne ha insomma già fin troppi. Noi abbiamo le nostre carte, per fortuna, ma toccare la libera circolazione rischia di diventare un gioco molto, troppo pericoloso.
Per questo, nonostante le difficoltà evidenti, secondo me va detto NO all’iniziativa sulla migrazione di massa. Nel contempo bisogna continuare a lavorare sul piano sindacale, sulle misure di accompagnamento e sui diritti di lavoratrici e lavoratori. Lo abbiamo visto con l’iniziativa 1:12, i lavoratori ticinesi vogliono esprimere il malessere della loro condizione sociale. È ora di dir loro che è con i contratti collettivi (che stabiliscano salari minimi e scale salriali che tutelino anche i lavoratori più qualificati) che lo otterranno!
F.C. 15.12.2013
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Grazie, ma sei troppo ‘intelletuale’, alla fine il semplice compagno non capisce niente. Chiaro, l’iniziativa UDC non è l’ideale, ma ora è arrivato il momento di dare un segnale ai nostri politici. Purtroppo il PS ha perso (quasi) la bussola e i vertici si sono allontanati dalla base. Vedi p.e. i risultati elettorali…. e dove sono i giovani compagni/e?? Sono sulla linea dei compagni Strahm e ora anche di Marco Jelmini. Cordiali saluti, Pietro