Io vado, ma voi continuate a dire la vostra!
Tra un mesetto parto per Roma e ci starò per un po’. Vorrei quindi proporre un pensiero, che valga come un arrivederci, a tutti i lettori che mi hanno seguito e spronato in questi anni sul «Corriere del Ticino», dove ho potuto esprimere le mie opinioni politiche in libertà e serenità. Esporsi pubblicamente sulla stampa non è facile. Ho cercato di convincere giovani e adulti a farlo, ma la polit ica, si sa, spesso è fatta più di silenzi che di parole. Chi parla divide, perché prende posizione, e in troppi han paura di perdere il consenso. Eppure l’unico modo per cambiare qualcosa è parlare, ascoltare, dialogare.
La politica è il luogo delle parole e solo con le parole si può scatenare un cambiamento reale nella società. «Di’ qualcosa di sinistra!» diceva Moretti guardando D’Alema al televisore. E allora ci ho provato, in particolare su due temi: il potere d’acquisto e i diritti civili.
Io, socialista non marxista (e quante legnate mi son preso per questo), ho sempre cercato di essere critico prima di tutto su noi stessi, di capire quali siano le contraddizioni della società d’oggi, soprattutto dello statalismo. Ma come faccio a non essere di sinistra quando sento che i 300 più ricchi della Svizzera hanno aumentato in un anno il loro patrimonio di 31 miliardi? Fate attenzione: 31 miliardi sono quello che prenderebbero 12.000 persone lavorando per 40 anni a 5.000 franchi al mese; è rivoltante! E chi ha una piccola ditta di riscaldamenti? Chi gestisce un tennis? Chi fa il meccanico in un garage? Chi è impiegato comunale? Chi fa il formaggio nelle nostre valli? Di esempi ce ne sono tanti, sono tutti cittadini di serie B? Il loro potere d’acquisto cala sempre più, la benzina è sempre più cara, la cassa malati anche. Non bisogna essere comunisti per capire che questo non va bene. Chi è già estremamente ricco deve essere frenato e gli altri devono avere di più in tasca. Questo è per me un principio morale intoccabile. Eppure appena si propone di cambiare qualcosa, appena ad esempio si propone di mettere dei limiti alla fiscalità cantonale (così a Zugo la smetterebbero di farsi ricchi a spese nostre) oppure si propone una tassa sull’eredità dei supermilionari, c’è chiusura: «Gh’è scià ul Cuntarin del partito delle ta$$e». Ma stare zitti sarebbe un errore.
Come sarebbe un errore tacere su quello che avviene nel riconoscimento dei diritti civili, in particolare in materia religiosa e sessuale. Viviamo in un Ticino ancora troppo chiuso, ci sono pregiudizi antichi, c’è una piccola corazza di silenzio che fa soffrire tanta gente. Penso in particolare a tutti quegli omosessuali che ancora devono nascondersi perché altrimenti vengono presi in giro. Gente buona e normale, che vuole vivere il proprio amore per l’altro o per l’altra in modo felice e naturale e che troppo spesso viene insultata gratuitamente. Ma penso anche a tutti quegli atei che vengono rimproverati quando non accettano che lo Stato gli imponga una religione (come quando mette i crocifissi nelle scuole o nelle aule dei Consigli comunali).
Questi sono solo alcuni esempi di temi che possono essere portati e su cui c’è tanto bisogno di discutere, con dedizione e apertura. Chiaro, non è facile, anche perché di politici arroganti ce n’è a destra come a sinistra. Ma oggi, con questo mio momentaneo ultimo pensiero, cerco di spronare voi lettori a mettervi in gioco. Scrivete, esprimetevi, dite cosa non vi va e dite cosa funziona. Fatelo sul CdT, fatelo su facebook, fatelo su twitter. Coinvolgete i giovani e discutete con loro, ignorando gli arroganti ed evitando semplicismi e ipocrisie. Stiamo entrando nella società della trasparenza, ognuno di noi può dire quello che pensa e tutti possono saperlo. Sfruttiamo questa bellissima opportunità, chissà se ne avremo un’altra.
Filippo Contarini, Porza
Pubblicato sul CdT del 19.12.2012
Caro Filippo, non voglio entrare nelle singole questioni che esponi (e che per gran parte condivido, pur con qualche distinguo e disaccordo sulla questione del crocifisso). Però non riesco a trattenermi dal dire che è vero: stare zitti è un errore. Paolo Giuntella, giornalista “de Roma”, cattolico, scout, grande democratico che ha speso fino all’ultimo la sua vita contro l’ingiustizia e in favore dei più deboli, scriveva sul ’68: abbiamo pure sbagliato su molte cose, ma non si poteva stare dall’altra parte. Allo stesso modo, di fronte al divario tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, si può anche sbagliare su molte cose, ma non si può stare dalla parte dei ricchi. Grazie quindi per quanto dici, ma soprattutto per il tono con cui lo dici: rispetto, apertura al dialogo e al confronto, volontà di condividere e costruire, per la giustizia e il bene comune.