Per me la politica è:

Per me la politica è la conversazione fra concretezza e astrattezza. La realtà dei fatti e delle azioni che incontra l’intangibilità delle parole e dei sentimenti.

Si fa politica come si respira, ammonisce un saggio modo di dire. Ed è proprio così: ogni volta che bisogna prendere una decisione che riguardi anche altre persone entra in gioco la politica. Chi decide ha infatti bisogno di sapere cosa pensano, sentono e dicono gli altri, fosse anche solo per poterne prevedere le reazioni e quindi anticiparli.

Tutto ciò è intimamente umano! Nessun fatto è percepito nello stesso modo da due persone, ognuno reinterpreta in modo diverso ciò che prova, tocca, vede, sente. La lingua, strumento base della politica, è ancora più soggetta a questa nostra particolarità: si potrebbe addirittura affermare che ogni parola ha tanti significati quante persone ci sono sulla Terra.

La politica diventa quindi una piazza al contempo immaginaria e reale, in cui ognuno di noi si ritrova in un profondo dialogo alla scoperta dell’altro. Si mettono a confronto sentimenti, giudizi, idee, opinioni, percezioni del reale. E ciò si fa in famiglia, con gli amici, al bar, a scuola, al lavoro, al campetto di calcio, sui giornali, nei partiti.

Va da se che, con una tale idea, il massimo momento della politica diventa l’accettazione della bontà delle idee dell’altro. Può forse sembrare paradossale, ma è in realtà assolutamente logico: solo accettando che l’altro ha un’opinione valida (e quindi non di principio falsa, illogica o stupida) lo si può veramente ascoltare e quindi comprendere. E solamente facendo così si potrà prendere una vera decisione politica, ovvero una decisione ponderata tra ciò che penso io e ciò che pensano gli altri.

Per me è però necessario definire la politica anche spiegando cosa NON è. La politica non è il posto della violenza, sia essa fisica o verbale. Dove c’è affronto e non confronto, non si fa politica. Lo si può chiamare assolutismo, decisionismo, populismo, dittatura. Comunque sia, si tratta di anti-politica, ovvero di pregiudizio, di negazione dell’ascolto, dell’accettazione, della tolleranza delle idee dell’altro. L’arroganza uccide la politica perché dichiara inutile la presenza dell’avversario e nel contempo erige a supremazia la propria visione delle cose. Qualunque discussione diventa così inutile. A cosa serve discutere, infatti, se la decisione è già stata presa a priori?

La politica per me va allora anche oltre, è anche cercare di riportare chi pensa di possedere verità assolute al tavolo del dialogo, della parità, dell’uguaglianza dei partecipanti. È un obiettivo difficile quello che mi dò, me ne rendo conto.

Ma essere di sinistra vuol dire anche questo. Il mio motore è la passione e sono convinto di non essere il solo!

Filippo Contarini, 24.9.2011

Apparso su PS.CH di settembre (anche in: Confronti, numero di settembre)