Non italianizziamo la magistratura
Ci sono elezioni di magistrati che van lisce: posto vacante di un conservatore, giurista conservatore pronto da anni in «pole position» con grande senso di responsabilità, riconosciuto per la sua umanità, la sua competenza, la sua equità. Si sa che la sua elezione farebbe del bene alla magistratura ticinese. Risultato: eletto al primo turno, a grande maggioranza. Tutti felici.
Ci sono elezioni un po’ più movimentate. Vuoi perché il candidato non è conosciuto nella comunità giuridica (non un bell’atout, va detto). Vuoi perché quel partito sbraita. Vuoi perché in fondo nel Parlamento sono in tanti a brigare per avere posti che contano e fanno giochini per far eleggere uno dei loro. Vuoi perché la politica è a prescindere personalismo e allora le amicizie e i favori politici vanno ripagati.
Insomma: succede che alcune elezioni vanno storte. Risultato: elezione al secondo turno, maggioranza risicata, tutti arrabbiati, dossieraggio (ma viva la stampa libera). E improvvisamente il sistema non sarebbe più trasparente, critiche di clientelismo, cadreghismo, lottizzazione e via dicendo.
Ci sono due grandi movimenti di critica al sistema giudiziario svizzero. La prima critica è squisitamente politica: «Non hanno eletto il nostro, quindi il sistema fa schifo». L’altra critica è ideologica: «Si premia l’appartenenza e non il merito, quindi il sistema fa schifo».
La prima critica è figlia di un delicato gioco di regole non scritte ed equilibri consociativi: nel calderone delle nomine entra anche tutta la galassia delle aziende pubbliche e della concertazione parlamentare. La seconda critica è invece figlia del nostro tempo, il tecnicismo vuole dominare su tutto, vendendo la bella (ma falsa) idea che i tecnici siano necessariamente più imparziali, più umani, più avalutativi, più giusti.
Il tecnicismo non è necessariamente migliore della suddivisione politica dei poteri dello Stato. Il tecnicismo nasconde realtà sociali che possono essere anche più pericolose dell’orientamento politico. Non ci si illuda: tra giuristi nel cantone ci si conosce. Genealogie, biografie, legami, inimicizie, amori, tutto va messo nel calderone della selezione del corpo giudicante. Che oltretutto non è un corpo lasciato solo: i giudici e i procuratori han sì il ruolo di decidere l’esito delle cause, ma bisogna sempre ricordare che tanti altri tecnici ruotano attorno al processo, ad esempio gli avvocati, i segretari assessori, i praticanti, i periti giuridici.
La cosa che più mi lascia perplesso è la carenza di distacco dalla realtà concreta ogni volta che si parla di elezione di giudici. Guardiamo ai fatti: la nostra magistratura funziona abbastanza bene, alla faccia di chi la critica quotidianamente. E tutto sommato è indipendente, anche perché (e per fortuna, oserei dire) i processi politici sono pochi e, quando ci sono, il corpo giudicante fa quadrato e ribadisce il proprio distacco dalle beghe partitiche. Eletti sì, succubi no.
Abbiamo vicino a noi uno Stato che ha fatto dell’indipendenza della magistratura il suo biglietto da visita. Codici deontologici, selezione per concorso e per titoli, carriera esclusivamente interna, autogoverno, esclusione di criteri politici per l’ottenimento della legittimazione giudiziaria. Questo Paese è l’Italia. Che la nostra politica si stesse italianizzando a causa della Lega era noto a tutti. Ora, che volessimo pure l’italianizzazione della magistratura è una sorpresa. Sappiamo che alcune persone-chiave del nostro cantone spingono in questo senso da anni, ma hanno notato il piccolo dettaglio? L’Italia non è riconosciuta essere il Paese in cui la giustizia funziona meglio…
Ci sono vari fattori per cui la situazione italiana è questa, mi si dirà. Certo! Ma ribadisco: attenzione a fare della tecnicità della magistratura un feticcio, attenzione a dire che da noi tutto fa schifo! Attenzione a credere che gli organi di controllo della magistratura siano panacee per tutti i mali. Attenzione ad accreditare di potere salvifico le commissioni di controllo per l’elezione dei magistrati. Lo ripeto, sotto tanti punti di vista queste credenze non sono vere in sé e per sé. E quindi, per favore, attenzione a dire con cotanta sicurezza che il sistema di elezione dei giudici ticinesi è tutto un magna magna.
Filippo Contarini, giurista
pubblicato sul CdT del 23 aprile 2014