Simonetta Sommaruga sull’immigrazione

Intervista di Edy Bernasconi tratta da laRegioneTicino del 28 giugno 2011

La politica dell’asilo necessita di riforme. L’obiettivo è in particolare quello di snellire le procedure nell’esame delle domande. Ma per Simonetta Sommaruga non ci troviamo confrontati con una emergenza. I casi sono in aumento ma non in misura incontrollata. E l’Accordo di Dublino è stato applicato con fermezza anche dopo la crisi nordafricana

Le nuove frontiere dell’asilo

Nelle scorse settimane non sono mancate le critiche verso la politica di asilo. Così, ad esprimere il loro malcontento, sono stati venerdì scorso i direttori dei Dipartimenti cantonali di giustizia e polizia i quali, tra le altre cose, hanno chiesto una applicazione più stretta dell’Accordo di Dublino che consente il rinvio di quei richiedenti che hanno già presentato una domanda di asilo presso le autorità di uno dei Paesi firmatari di quell’intesa. Sullo sfondo di questi discorsi vi sono indubbiamente anche i timori legati alla possibile ‘escalation’ della pressione migratoria sulla Svizzera quale conseguenza della crisi nordafricana. Vi sono poi state le proteste di alcune autorità locali per i problemi che sono generati dalla presenza di richiedenti l’asilo sul loro territorio. È il caso di Chiasso, vicenda attorno alla quale non sono mancate le polemiche.

Ne abbiamo parlato con la neodirettrice del Dipartimento federale di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga la quale, nel breve tempo dal quale è in carica, ha formulato una serie di proposte per riformare in modo profondo la gestione della politica d’asilo.

Signora consigliera federale, recentemente ha proposto un’idea di riforma delle procedure di esame delle domande d’asilo che mira, soprattutto, a una accelerazione nell’evasione delle pratiche ispirandosi a modelli già adottati da altre Nazioni. Lo scopo è quello, se si interpreta correttamente il suo pensiero, di dare maggiore sicurezza sul loro futuro agli stessi richiedenti l’asilo evitando che singole situazioni si trascinino troppo a lungo.

Ciò rappresenterebbe pure un deterrente verso le critiche e le tensioni che si manifestano oggi tra la popolazione svizzera sulla questione. Tra le misure previste per concretizzare questo obiettivo figura anche un aumento dei centri di registrazione che attualmente sono cinque, tra i quali figura pure quello di Chiasso. Quali sono gli altri contenuti della sua proposta (a livello di personale e di costi)? E ancora, l’esame delle domande sarà interamente concentrato in questi centri, senza trasferire le persone dopo l’esame iniziale di entrata in materia, in attesa della decisione definitiva?

«Sì, le richieste dovranno essere trattate interamente all’interno dei centri della Confederazione. E, più precisamente ancora, entro un periodo massimo di 120 giorni» spiega Simonetta Sommaruga precisando che «le richiedenti e i richiedenti l’asilo potranno così ottenere più rapidamente chiarezza sul loro futuro, senza attendere mesi o anni vivendo nell’incertezza. Aggiungo, per concludere, che siamo in grado di gestire in questo modo circa l’80 per cento delle domande nei centri della Confederazione. L’esperienza mostra infatti che nell’80 per cento dei casi non sono necessari ulteriori accertamenti al termine dell’audizione. In futuro questi casi potranno essere gestiti nei centri federali, dove le persone interessate saranno ospitate per tutta la durata della procedura ottenendo tutela giurisdizionale e consulenza al ritorno. Questo è il nostro obiettivo a lungo termine, che potremo realizzare soltanto con la piena collaborazione dei Cantoni» afferma ancora la direttrice del Dipartimento di giustizia e polizia.

Tra le strutture federali vi è anche quella di Chiasso al centro delle note discussioni negli ultimi mesi. Come si può inquadrare il futuro delle strutture per i richiedenti l’asilo in Ticino, in particolare del centro di registrazione chiassese che il Municipio vorrebbe far trasferire? Se il centro, nelle intenzioni della Confederazione, dovesse essere destinato a rimanere a Chiasso sono previste misure di accompagnamento?

Pensiamo alla messa a disposizione di personale supplementare sia per l’esame dei casi sia in funzione della sicurezza dopo gli ultimi fatti. Cosa è disposta a fare la Confederazione e cosa pensa di domandare al Cantone e ai Comuni? Le chiediamo di fare il punto dopo i contatti che ha avuto sia con le autorità cantonali sia con quelle comunali alla luce, anche, dei contenuti della lettera da lei indirizzata al Municipio di quella città.

«Conosco il caso speciale di Chiasso e i problemi specifici del Canton Ticino nel settore dell’asilo. È mia ferma intenzione trovare insieme al Cantone le soluzioni che possano portare a un miglioramento duraturo della situazione» ribadisce Simonetta Sommaruga richiamando i numerosi contatti già avuti e spiegando che «l’Ufficio federale della migrazione e la direzione del Centro per i richiedenti l’asilo sono in stretto contatto con le autorità cittadine. Insieme stanno pianificando misure a corto termine, quali l’aumento del personale addetto alla sicurezza e all’assistenza degli ospiti o eventuali restrizioni delle modalità di libera uscita dei richiedenti. Ho inoltre concordato con i consiglieri di Stato Norman Gobbi e Paolo Beltraminelli di istituire un gruppo di lavoro congiunto chiamato a elaborare provvedimenti a breve e lungo termine. È in questo ambito che si risponderà alla domanda se e dove trasferire il Centro di registrazione».

«I lavori preparatori per la creazione di questo gruppo sono in corso – prosegue la ministra –, il mandato è in preparazione e penso che la prima riunione possa aver luogo già nelle prossime settimane».

Tornando ad occuparci della situazione più generale, i dati del mese di maggio indicano un forte aumento delle entrate in Svizzera anche se, come lei ha fatto notare ai responsabili cantonali venerdì scorso, le domande di asilo in sospeso sono attualmente meno della metà di quelle del 1999 nel pieno della crisi nei Balcani. Siamo in grado con le strutture attuali di far fronte a questa situazione sempre che la stessa perduri nel tempo o non sia solo la conseguenza della crisi nordafricana? È ipotizzabile, in particolare, una applicazione più stretta dell’Accordo di Dublino?

«Noi applichiamo con fermezza la procedura Dublino. Dall’inizio dell’anno abbiamo potuto rispedire 1349 persone in un altro Stato associato a Dublino, 841 delle quali verso l’Italia. Vede: il sistema funziona, anche se magari non sempre in modo ottimale. Invito però tutti a inquadrare il problema nelle giuste dimensioni: finora più di un milione di persone sono fuggite dalla Libia e 43 mila di loro sono sbarcate in Italia e a Malta. Nel medesimo periodo ne sono giunte in Svizzera non più di un paio di dozzine la settimana. Ritengo sia un afflusso perfettamente gestibile, purché tutte le parti coinvolte siano disposte a cooperare. Ecco perché ho da tempo istituito una commissione composta di rappresentanti della Confederazione e dei Cantoni, incaricandola di adottare le misure necessarie per far fronte al crescente numero di domande e per alloggiare queste persone. Nelle prossime settimane saranno operative le prime strutture supplementari; altre saranno messe a disposizione in collaborazione con il Dipartimento federale della difesa e i Cantoni, che ne risulteranno sgravati perché sarà Berna a gestire le strutture supplementari» informa la consigliera federale.

Un altro tema che ha fatto discutere durante il recente dibattito sui rapporti SvizzeraUe al Consiglio nazionale è stato il Trattato di Schengen. La maggioranza del Parlamento si è schierata con il Consiglio federale valutando positivamente gli effetti del Trattato nonostante le critiche, tra le quali quelle sui costi. È però vero che i suoi contenuti sono stati messi in discussione anche all’estero (vedi le tensioni tra Francia e Italia). Come valuta il futuro del Trattato e quale sarà la posizione della Svizzera alla luce anche dell’evoluzione della sua interpretazione in ambito internazionale?

«Il Trattato di Schengen – spiega Simonetta Sommaruga – è costantemente adattato alle nuove sfide. All’incontro interministeriale dei Paesi che vi aderiscono, svoltosi a Bruxelles, ho potuto constatare la serietà e l’accuratezza con le quali vengono discussi i futuri sviluppi.

Sono progetti interessanti anche per la Svizzera: possiamo far sentire la nostra voce nelle relative commissioni. Mi sia concesso un ultimo appunto: sento dire qua e là che prima di Schengen le cose andavano meglio e che la soluzione giusta sarebbe quella di tornare al vecchio sistema.

Chi afferma questo dimentica che, prima dell’introduzione di Schengen, alle nostre frontiere veniva controllato solo il 3 per cento delle persone. Grazie a Schengen, invece, oggi i controlli sono più mirati e di conseguenza otteniamo buoni risultati».