Per una scuola pubblica e laica

Scuola privata, quo vadis?

Io non sono solito demonizzare quello che non mi appartiene, in ogni caso penso che la tolleranza sia una pratica positiva nella vita. Ciò non toglie che la mia opposizione ad una scuola privata sostenuta dallo Stato sia totale.

La necessità per alcuni di scuole private è comprensibile. Si pensi ad esempio alle scuole Steiner e Montessori, alle scuole artistiche, perché no anche alle scuole religiose. Esse sono espressione del bisogno di vari cittadini ad un’educazione diversa per i loro figli. Questo non si può condannare, o almeno io non lo condanno, perché non credo nel Grande Pensiero Unico che alcuni dicono lo Stato dovrebbe trasmettere. Se una famiglia non crede nell’evoluzionismo avrà tutta la mia compassione, non ritengo in ogni caso che la collettività si debba porre al suo posto nella scelta educativa sui figli.

Da qua però ad avere un sostegno pubblico alle scelte individuali dei privati passano mari sotto i ponti.

Questo per due motivi: il primo è costituito dall’utilizzo della scuola come strumento d’integrazione sociale. Bambini e giovani di culture diverse, di disponibilità economiche diverse, di visioni del mondo diverse devono poter essere coinvolti prima possibile in un confronto franco fra loro. La persona deve poter avere la possibilità crescere conoscendo anche altre realtà e convivendoci.

In secondo luogo la scuola pubblica deve essere garanzia di qualità a cui tutti quanti, nella collettività, possono affidarsi. Trasparente e collaborativa, deve svolgere la funzione di istituzione-faro a cui le altre scuole e il mondo del lavoro possono rivolgersi quale esempio. Un’ente superpartes, condotto da un linguaggio scientifico-educativo e non finanziario, che dà gli strumenti (e non quindi l’ideologia) ai suoi studenti per affrontare con serenità le sfide della vita in società. “Sapere – saper fare –saper essere” era il motto dei miei docenti liceali. Questo significa tante nozioni, tanta concettualità e tanta autocritica.

Le scuole private questo non lo possono garantire proprio perché godono di quell’autonomia privata che le rende alternative al pubblico. Se lo Stato deve investire soldi nella scuola, lo deve fare per migliorare la sua qualità ed ampliare le sue funzioni. Eventualmente anche corrispondendo a bisogni sociali presenti e attualmente presi a carico solo da scuole private, come, ad esempio, classi per bambini super-dotati o scuole con le mense per far sì che i genitori lavorino. Non di sicuro però sostenendo chi vuole disgregarsi dalla società per dare un pensiero unico ai suoi figli.

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