Altro che domenica, parliamo del cambio!
Ormai la moda sembra segnata: non c’è più politico ticinese che non esca con un articoletto sulle aperture domenicali. La delegazione parlamentare a Berna è tutta indaffarata su questo tema. Addirittura il vescovo ha voluto dire la sua.
Tutti a guardare il dito insomma, quando meglio farebbero a guardare la luna: sul mare della tranquillità nostrano è ormai in corso una tempesta che probabilmente il Ticino non ha mai vissuto in queste proporzioni. Il problema più grosso della distribuzione in questo momento non è aprire alla domenica (che oltretutto non necessariamente interessa ai negozianti medio-piccoli), ma il cambio franco-euro.
Fateci caso, Lugano dista dalla frontiera 8 km, Mendrisio 3 km, Chiasso non ne parliamo, Locarno 9 km. Bellinzona, un po’ più discosta, una trentina di km. Insomma, con pochi franchi di benzina si arriva ai supermercati dove si riempie il carrello con la spesa per la settimana spendendo la metà (LA METÀ!) rispetto alla Svizzera. Non conta se uno vota socialista o Lega, se non vota del tutto o vota i partiti borghesi: la gente su queste cose si fa guidare dal borsello. E il borsello ci fa vedere un mondo al contrario, in cui le sigarette ormai le si va a comprare in Italia perché costano meno anche quelle – e accettano pure il pagamento in franchi!
La colonna per Ponte Tresa inizia da Agno (in altri tempi iniziava solo da Caslano, e i vari politici sbraitavano anche di più), in piazza c’è la fila per entrare in edicola e al mercato non ci si muove. Tutto a un euro al chilo, zucchine, mele, peperoni. A Ponte Tresa hanno costruito un Bennet colossale con offerte da chiamare l’antitrust. Al Carrefour il prosciutto San Daniele recentemente in offerta costava 20 franchi al chilo, parliamo di cibo di buona qualità! Tutti a guardare il dito che punta sulle aperture domenicali, ma qualcuno si è accorto che si corre il rischio di dover chiudere i negozi anche per tutti gli altri giorni della settimana? Qualcuno si è accorto che il cambio del franco con l’euro così basso per le regioni di frontiera come la nostra (e non solo per il turismo!) è drammatico?
È chiaro, tenere una soglia alta fa correre il rischio di inflazione al nostro Paese. Bisogna però smetterla con questa ideologia del liberismo e chiedersi: siete sicuri che sia peggio l’inflazione piuttosto che un’ondata di chiusure su tutto il territorio cantonale? Bisogna infatti ricordarselo: una volta chiuso un negozio non è facile riaprire, tornare ad avere la clientela, trovare i fondi per il finanziamento iniziale, ecc…
Purtroppo tutto il dibattito sul cambio del franco è letteralmente morto, i deputati a Berna sono silenti. E come potrebbero parlare, d’altronde! Se avete notato l’unico partito a chiedere di intervenire sul cambio è stato il PS, chiaramente giustiziato dalla maggioranza parlamentare borghese. Che non ha saputo proporre altro, nemmeno esporsi sull’interessante proposta del prof. Rossi sull’opportunità di mettere una specie di Tobin Tax per rallentare la pressione sulla nostra moneta.
La Lega, che dice di essere il partito della gente, fa la moralista e non propone alternative, dimostrando così che della gente poco le interessa. I liberali, quelli che dicono di spingere per la nostra economia, hanno fucilato la proposta del loro ministro che andava in linea con quella del PS. I conservatori ondeggiano… I democentristi, con i comunisti inspiegabilmente allineati, vorrebbero addirittura togliere il limite di 1,20. I verdi fanno una importante critica consumeristica, ma sul cambio più alto non si espongono.
Perché i nostri rappresentanti non ci spiegano in modo convincente come mai il cambio così basso gli va bene? Probabilmente sono troppo indaffarati a guardare il dito…
Filippo Contarini, giurista
Pubblicato sul CdT il 16.10.2012