Il PS e il caffè – vecchie abitudini?

È forse il caso di reagire all’articolo del giornale domenicale Il Caffè dell’altroieri, che parla della crisi del PS e la analizza in modo sbagliato, andando a rivangare in un passato che proprio non c’è più. Non c’è più per contesto economico, sociale, globale, ideologico, giuridico, ecc. ecc. Io, che mi ritengo profondamente di sinistra, non riesco a vedermi nei crismi e nelle lotte che la parola “sinistra” agglomerava attorno a se quaranta anni fa.

Il Caffè facendo il solito occhiolino alla parola “sinistra” invece di discuterla cerca di rinchiuderla. Ed ecco che si entra in vecchie logiche e metodi, che andrebbero invece abbandonati, a prescindere dai contenuti. Il PS perde e si guarda indietro, invece di guardare in avanti. Assurdo! E lo dico da studente della Storia, non sono certo io il nemico delle analisi attente.

Il mondo è cambiato, il PS è cambiato, la sinistra è cambiata. I voti non arrivano, la discussione è stantia. Il grande elogio del caffè alla sinistra massimalista è fuori tempo. I partiti comunisti ticinesi hanno sì raddoppiato il numero di deputati in parlamento (da 1 a 2), ma dire che è un grande successo è fuori luogo. Sono passati dal 1.27% al 1.45%, poi per loro fortuna la contabilità elettorale dice che un parlamentare su 90 vale lo 0,20% dei voti. Lo vogliamo notare con serenità? Altro che exploit. PC e MPS separati avevano esattamente in percentuale i voti che hanno oggi. Insomma, non è che si senta proprio questo vento di cambiamento, nonostante il loro spostamento antieuropeista, le proposte populiste e l’inaspettato innamoramento con i GLRT.

Il no comment del Caffè sulla batosta dei verdi nonostante la loro pesante virata antieuropeista è assordante.

Non voglio relativizzare la nuova violenta battuta di arresto del PS. La domanda è se l’analisi farlocca del caffè per cui sarebbe pagante andare a sinistra, antieuropeista per di più, sia un’analisi in linea con la realtà delle cose.

Il Caffè di questa domenica non  dice ad esempio che Jacques Ducry, come ben  notato ex presidente del movimento europeista, è il secondo più votato all’interno del partito socialista. Chissenefrega dei voti esterni, di fronte a un dato così eclatante! Ma qualcuno ha notato che Ducry si è presentato come indipendente? Democrazia liquida? Oppure un segnale politico della base socialista a una linea politica che l’ala sinistra del partito non riesce a cogliere? E che nemmeno Il Caffè riesce a cogliere. Non sarà che la base non ne può più dei vecchi discorsi? Non sarà che la base del PS sta cambiando?

Il PS ha perso, gli europeisti del PS hanno vinto. È un dato importante, da sviscerare! Da contestualizzare! Anche da criticare, se si vuole, ma con i dati alla mano, non con le sole idee di chi pensa di vincere semplicemente dicendo all’aria quello che pensa. E invece cosa si fa? Si dice che il problema del partito è che non è abbastanza a sinistra. Vendendo fumo e fumo e fumo. Andando a prendere coincidenze assurde come Syriza e Podemos, che sono partiti dell’indignazione e raccolgono voti a sinistra, ma anche a destra, che sono partiti della disperazione e che politicamente si sgonfiano in fretta.

Il Caffè non dice cosa voglia dire sinistra oggi, da noi. In Ticino, non in Grecia o in Spagna. Non dice chi bisogna difendere, né chi è stato sempre difeso: i pensionati? I docenti? I lavoratori? Il mercato del lavoro? I bancari? L’ambiente? Tutto questo insieme? Lo diciamo da mesi: la vera crisi ticinese non è data dai bilaterali che permettono il lavoro sottopagato dei frontalieri (che è un problema, ma ha anche dei sensori di controllo), quanto piuttosto l’annientamento della piazza finanziaria luganese e l’esplosione del costo delle case. E noi là non siamo abbastanza presenti. Ci fa schifo giocare sui quei temi, e sporcarci le mani, e metterci a giocare col mercato. Altro che condanna della libera circolazione, guardiamo il dito e non la luna! Fare il verso alla lega non solo è controproducente, ma anche figlio di un’analisi malfatta.

Questa idea mistica di doversi spostare a sinistra con ricette vecchie non la si capisce. Oltretutto ci sono delle novità elettorali importanti nel PS. Giovanni Kappenberger, stimato glaciologo. Lisa Bosia, attivista nel ramo dei diritti dei migranti. Jacques Ducry, convinto europeista. Lisa Boscolo quasi eletta, giovanissima. Perché il giornalismo non va a cercare loro, invece di fossilizzarsi?

Il problema numero 1 del PS secondo me? La balcanizzazione del partito. Un altro? Le aspettative di tanti che fanno politica socialista di poi averne dei vantaggi, o anche solo di sentirsi importanti, mentre ci si ricordi che socialismo è servizio e non interesse. Ma ancora: l’aver perso per strada nomi fortissimi. O le continue liti assurde tra personalità che si sparano sulla stampa invece di parlarsi nei comitati a muso duro. Ma ve lo ricordate il teatrino su Pesenti? Invece di litigare nelle stanze deputate al litigio per poi uscire compatti, né si sa litigare, né si litiga. Altro problema sono i continui veti legati al singolo come individuo e non a causa delle sue posizioni.

Ci vorrebbero scambi di idee aperti come quello proposto da Anna Biscossa nel 2010 a Locarno, troncato purtroppo sul nascere in modo eccessivamente rigido, o il mio sull’Europa nel 2012, dove il partito dopo 3 ore di discussione non è nemmeno entrato in materia su ciò che proponevo…

Il Caffè si appiattisce di nuovo  alla vecchia contrapposizione PST-PSA, oltretutto senza interpellare i PST. CHE NOIA! C’est la vie politique, lo so, ma non siamo più in quel mondo. E la stampa dovrebbe aiutarci a uscirne.

F. C., 12.5.2015