Benvenuti a Zurigo, dove il Coronavirus se lo sono già dimenticato

Sin da quando sono scappato dal Bangladesh a causa del virus la situazione in Svizzera per me è incomprensibile, perché è come se Zurigo e il Ticino siano da settimane in due Nazioni diverse. Già al mio arrivo a Kloten era tutto surreale. A metà marzo all’aeroporto tutto ciò che c’era era un cartello e un po’ di liquido disinfettante. Basta. Nessuno chiedeva niente. Mi son messo la mascherina e mi sembrava di essere un alieno. Parliamo di poco più di due settimane fa. All’estero la mia percezione del virus era ticinese, era segnata dai tempi dei media on-line dando attenzione all’evoluzione lombarda.

A Zurigo ancora oggi è tutto stranissimo. Gli han chiuso i ristoranti, i bar, i negozi, ma gli zurighesi non riescono proprio a stare a casa. D’altronde, va pur detto, qui la retorica del social distancing è più difficile: la gente è già fredda e fa social distancing tutto l’anno, chissà magari si sente già immune. Oppure il problema è più profondo. È palese che culturalmente qui non hanno interiorizzato che c’è una pandemia pericolosa in giro per strada. Tutti hanno così sempre pronto il loro motivo personale valido e più importante degli altri per uscire un po’. Le persone continuano andare a casa di amici e, se è vero che il Consiglio federale ha vietato raggruppamenti da 5 persone in su, gli zurighesi bravi bravi si radunano in 4, a bersi la loro birretta, a chiacchierare e poi tornare nelle loro case. Se volete uscire per fare un po’ di sport vi troverete incolonnati in riva al fiume assieme a tutti gli altri runner che stanno andando come voi a fare la corsetta di un’ora o anche due fino al parco, pieno pure quello.

Certo, tutti quanti noi abbiamo sottovalutato il virus, io per primo all’inizio ne ridevo. È tutti noi prendevamo per il culo Fontana con la mascherina. Ma poi sono arrivati i video degli infermieri, e se anche non credi allo Stato, né ai media, a chi è sul campo come fai a non credere? Se vi recate tutti i giorni come me sui siti on-line dei media svizzero-tedeschi, il Tagesanzeiger in primis (la più grossa casa mediatica svizzera), vi potete rendere conto che qui invece si parla del virus in tutt’altro modo. In Svizzera tedesca è (a mio modo di vedere) in atto un fenomeno di rassicurazionismo di massa fatto anzitutto dai media, con la politica al traino. Oggi ad esempio Koch, dell’Ufficio della salute, ha detto una frase del tipo “andiamo meglio che nelle prognosi peggiori”. Tonno, perché questo è subito diventato il titolo dell’articolo principale di oggi sul Corona.

Il risultato di questo modo di fare giornalismo, anzitutto di Tamedia, la più grande azienda mediatica del paese (Tagesanzeiger, 20Minuti), ma anche di altri giornali, è chiarissimo: le foto di oggi di Zurigo, con un sacco di persone sui gradoni al lago.

Un’ipotesi scientifica di ciò che sta succedendo la mette a disposizione l’antropologo Antonello Ciccozzi, famoso per aver fatto condannare la protezione civile e i sismologi dopo il terremoto dell’Aquila. Ora ha spiegato molto bene che cos’è il rassicurazionismo legato al Coronavirus su questo articolo on-line: http://www.leparoleelecose.it/?p=37955. Come l’allarmismo, il rassicurazionismo può causare morte se si tranquillizza una popolazione laddove invece la paura permetterebbe di attivare dei campanelli d’allarme positivi. Ciccozzi non critica particolarmente il sistema mediatico, tende piuttosto a condannare l’attività rassicurazionista della politica. E da noi? In Svizzera la società si orienta al sistema politico nello stesso modo che succede in Italia? Io penso di no e penso che da noi i media dettino molto di più l’agenda politica (come è successo, p.e., con Via Sicura, che la politica non voleva, mentre il sistema mediatico pompava sul fuoco).

Se osserviamo la comunicazione massmediatica svizzero-tedesca, notiamo che sì da settimane non si parla d’altro che di Coronavirus, ma queste notizie sono sempre accompagnate da un afflato positivo. Penso sia un atteggiamento umano e culturale, gli svizzeri sono così, sempre orientati a pensare a un futuro roseo. Si somma che spesso sono incapaci a gestire gli imprevisti (abito in dentro da 10 anni, ormai qualche generalizzazione mi permetto di farla perché lo vivo sulla mia pellaccia). È come se stiano cercando di  negare l’un l’altro un situazione di pericolo che farebbero fatica a gestire. Non appena si accende un focolaio di paura, i media fan da pompiere e lo spengono. Ma aver paura ogni tanto è sano, soprattutto quando il problema non è individuale, ma collettivo!

Se guardate le prime pagine dei giornali qui in dentro, noterete che la macabra conta dei morti non è assolutamente messa in risalto, come invece  si fa in Ticino e su Repubblica.it. Si somma che qua non ti raccontano quanto sia pericoloso stare fuori casa (in Ticino invece quanti hanno visto il video del sindaco di Bari su Repubblica che fa il cazziatone ai suoi concittadini? Oppure pensiamo al capo-poliziotto che chiede ai nostri genitori “di andare in letargo”). No: i media svizzero-tedeschi raccontano pedissequamente quanto sia una merda stare chiusi in casa. Grazie! Come se non lo sapessimo. Infine continuano a uscire notizie del tipo “la fine dell’epidemia è vicina, sostanzialmente ce l’abbiamo fatta”. In questo contesto, uno che non esce di casa si sente un pirla.

I risultati sono lì da vedere: oggi, 28 marzo, qua a Zurigo è evidente l’aumento di persone che prende il tram, così come è impressionante il numero di persone che sta sui gradoni al lago. E parliamo di una nazione la cui curva degli infettati è proprio come quella italiana, come spiega in questo link Swissinfo. È come se quassù invece di diminuire il numero di contagiati, diminuisca la capacità di essere consapevoli del rischio che porta la malattia. Ora la situazione è questa: qua i deceduti a causa del virus non sembrano aumentare, anzi, son già diminuiti. E non arrivano notizie di ospedali pieni e in crisi. La domanda è chiara: chi ha ragione? Hanno ragione gli svizzeri tedeschi, facendo rimanere la situazione sanitaria italiana una situazione sui generis (ovvero mostrando che la Lombardia è la regione più inquinata d’Europa e quindi ha gli anziani più ammalati d’Europa) e tenendo un approccio light al blocco? Oppure han ragione i media al sud, che non nascondo la paura e danno sfogo alla pressione sociale e politica per farci stare a casa?

Io rispondo a questa domanda sfoderando la mia ticinesità e quindi me ne sto a casa, non faccio entrare nessuna persona nuova e faccio solo qualche sporadica corsetta. E accetto di sentirmi un po’ un pirla. La speranza rimane che meno gente possibile si infetti e meno gente possibile abbia bisogno degli ospedali. Ai posteri l’ardua (ma prevedibile, ahimè) sentenza.

Filippo Contarini, Zurigo

Pubblicato il 29.3.2020 su www.ticinotoday.ch