Tassa di collegamento: quando i ricchi si oppongono, non c’è democrazia che tenga
Passata una settimana, forse è il caso di battere ancora un po’ sul ferro della Tassa di collegamento. Anzitutto ricordo l’oggetto in causa: in Ticino ci sono alcune centinaia di personalità liberali, pipidine e borghesi in genere che per decenni si son fatte le palle d’oro con i posteggi: p.e. affittandoli in città, p.e. legandoli alle loro imprese commerciali. Contemporaneamente hanno esaltato l’uso dell’automobile e si sono opposti al potenziamento dei mezzi pubblici.
Ora: grazie a una alleanza “del diavolo”, leghisti e socialisti sono riusciti anni fa a far passare la Tassa di collegamento, ovvero la tassa sui posteggi, per dare più soldi ai mezzi pubblici e disincentivare l’uso dell’auto. Apriti cielo! Abbiamo scoperto che democrazia e tribunali per nulla interessano se tocchi i ricchi borsoni udc, liberali e pipidini. Quelli si incazzano e ogni buon proposito cade sotto i loro principi che ormai han il sapore di casta. Non casta politica, ma casta feudale.
Non basta un referendum votato dalla popolazione a favore della tassa di collegamento. Perché il popolo è sovrano solo finché non scassa le balle, giusto? Non bastano nemmeno le sentenze di un Tribunale federale (certo non un covo di compagni!) su un ricorso agguerrito, scritto dai capi dell’avvocatura ticinese. Fare ricorso era legittimo, ognuno di noi ha diritto di chiedere ad un tribunale se una legge – anche votata dal popolo – sia effettivamente conforme alla Costituzione: io sono stato il primo. Ma una volta che popolo e tribunali hanno parlato, la dignità e l’arguzia chiederebbero un delicato silenzio.
E invece vediamo subito Marco Chiesa allargarsi. Ecco allora il Consigliere agli Stati definire la sentenza della massima corte svizzera “uno scherzo”. E ci dice: “Il messaggio delle nostre istituzioni deve essere forte e chiaro. Basta tasse!”. Come se i tribunali dovessero dire se ci vogliono le tasse o no, invece di interpretare il diritto. Regazzi è ancora più maldestro. In modo insultante ironicamente si “complimenta” con il Tribunale, rimproverandogli di non aver deciso considerando la delicata situazione ticinese da Coronavirus. Come se i tribunali dovessero occuparsi di politica quotidiana, e non invece decidere in base al diritto costituzionale di ampio respiro. Regazzi, ma scherziamo? Il Diritto è altro, per fortuna! Sta alla politica gestire il quotidiano.
Marco Chiesa, Fabio Regazzi e codazzo dietro di loro devono essere ora in chiaro che da noi vale un principio sacrale: “no taxation without representation”. Ogni tassa va votata dal popolo, e se il popolo la vota, allora si va avanti. Il popolo non è cretino: quella tassa non è uno stupido balzello, ma un’indicazione politica chiara per occuparsi del territorio. È un cosiddetto “disincentivo fiscale” perché i borsoni capiscono solo il linguaggio dei soldi.
I nostri politici borghesi sarebbero stati più abili – e diciamolo: più svizzeri – se invece di inerpicarsi su atroci richiami liberisti avessero chiamato a un giusto compromesso politico, ad esempio ritardando l’entrata in vigore della tassa, come ad esempio hanno subito fatto i Verdi. No, il buon vecchio compromesso svizzero quando tocchi i soldi dei borsoni è buono solo per la poubelle.
Tutti noi vediamo il dolore economico causato dal Coronavirus, mica siamo cretini. E tutti noi vogliamo produrre ricchezza, per poi goderne in modo solidale. Ben sappiamo che per ripartire l’economia avrà bisogno di slancio. Ma non c’è chi non veda che proprio ora possiamo decidere come ripartire! È sotto gli occhi di tutti quanto male hanno fatto i partiti borghesi al nostro pianeta e alle nostre strutture economiche. L’arroganza al potere è questo: non contano le istituzioni, non conta l’ambiente, non conta la solidarietà. Noi chiedevamo un’economia solida, loro ci han dato un’economia liberista. Anche nella crisi noi siamo sereni: la cultura democratica è decisamente dalla nostra parte, è ogni giorno più chiaro.
Filippo Contarini
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